Al nome di Dio. A dì 19 di novenbre 1398. Istamane vi scrivemo per Arghomento, e per lui vi mandamo pane otto, e uve, e mele in una zanella, e chon eso una tovagliuola chon che era choperte; e stasera non n'abiamo auto risposta da te: pensiamo sia rimaso per tenpo, ché gl'è ogi stato qui tenpesta d'aqua e di vento che già fa uno anno non ci fu sì gran tenpesta; e Nanni è tornato istasera da Pistoia ed à rechato la cenere a Nicholò. A Nanni parve meglio d'andarvi, perché no' gli pareva le bestie andasino be' per que' gharzoncello istà cho' lui, ed èsi diliberato di volere domatina venire chostà, perché qui non cci vede da potercci fare nulla, perché il tenpo non n'è se no' qua piova e vento ed e' gl'à vogla di favelare techo. Arecherà del pane e l'olio; la charne non ti mandiamo, perché non ci à auto porcho sia stato da ciò: manderotti delle melarance in quello schanbio. Io mi maraviglio forte quello che tu fai chostà, tanto non n'avendo chi ti serva o chi ti faccia nulla, prieghoti che mi iscriva chome tu fai o che modi tie', chè per aventura mi dò manichonia di quello no' mi bisongnia. Io ti richordo, Francescho, che mi pare che' tenpi vadrano molto chontradi e diritti apresarsi alla morìa, e chosì tiene i' maestro Antonio che noi vi siamo presso; ma c'à di que' che non pensano mai ch'ella deba venire. Francescho, io no' ma' laserò mai di dirloti, e sai che gl'è uno anno ch'io non t'ò detto altro e non sono per ristare, be' che pocho mi vale che non ci va tre messi cho' chi volessi fugire, chome si debe fugire si doverebe fugire. Io ti richordo il boto mio ch'i' ò fatto per te a San Biagio che vorei noi ce ne riuscisimo, cioè di chonperare que' chotale da portare il chorpo di Cristo e (il) velo; io ti priegho ti debia piacere io riescha di questo boto che per te è istato fatto e fu insino per l'altra morìa. Il maestro Antonio chanceliere fu ogi qui ed òllo domandato se gl'è vero che sia stato avelenato e dice di sì: egli e suo famiglio e uno notaio desinò chon esso lui. Fu huomo e non fu femina: parmi gran fatto chom'uno huomo s'avessi mai sì pocho amore, perché tu di' che uno huomo non arebe mai il chuore a fare sì gran male, ma credo che quando si verà cerchando, credo che tu lo scuserai che sia ebro l'afetto, e che il maestro Antonio mi pare più lieto che fussi mai e parmi che si tengha d'avere a rifare cho' lui che l'à avelenato, in però che dice ch'è certo che non morà di questa morìa, perché l'amicho l'avelenò l'à sì be' purghato che lla Poretta no' llo arebe sì bene purghato, chome lo purghò: di che no' gli bisongnia dubitare di morìa. Le chalze mie mi rimanda ch'io me le farò chosì bianche e rimandaci tutte le zane e mandami que' chomino, se tu puoi. Noi non ne scriviano quello ti manderemo, perché l'arecherà Nanni. Al Mastriscia andai ogio io, Ghuido, ed era venuto a Firenze: penso sarà istato chostà a voi e rimaso d'achordo chon voi. A ser Nichola vôle Nicholò dirgli egli tutto e da lui sarete avisato di quanto gli rispose. A Barzalona disi quanto dicesti ed egli e Nicholò furo' chon Antonio di Zarino e da loro sarete avisati di quanto ànno fatto. Idio vi ghuardi senpre. Sarà in questa la lettera della risposta da Pistoia. Mandaci qualche granata, ché qua non se ne truova. per la tua Margherita, in Prato. Francescho di Marcho da Prato, in Firenze. 1398 Da Prato, a dì 20 di novenbre. Risposto.