Onorando amico carissimo. Ieri diedi una lettera a
ser
Iacopo ser Arrighetti, il quale iscontrai, che ve la
mandasse. Fu risposta a una ne ricevetti per
Niccolao Martini,
che per diece
lire più o meno che siano, contra
l'animo suo, m'ha rivolto addosso tutta la
città di quanti
amici sa ch'io ho, non ch'egli sia contento a voi. Dicovi non
mi piacciono questi modi; e non fa bene, chi è suto onorato,
a volersi tanto vantaggiare più che non pare a chi ben gli
vuole: e non dovrebbe, per suoi cinque
soldi, voler rompere
la fede dell'amico suo, ec
.. Io l'ho auto e arò per
raccomandato usque ad finem
Ora v'ho parlato dell'uomo di fuori: diciamo di quel dentro,
cioè dell'anima. E abbiate pazienza a questi miei pensieri;
di che forse, chi leggesse la lettera fuor di voi, se ne
faria beffe: e però non è ogni cosa da dire a ogni uno.
Perchè l'
uficio ov'io sono ha a governo circa cinquanta
reditadi e
pupilli loro; e in esse, secondo le volontà di chi
ha così
testato, s'hanno a dar per Dio, per noi, e
danari e
gonnelle e
dote; però accade ch'io ho molti bisogni stretti
per le mani, i quali forse m'hanno già tratto di mano de'
minuzzoli del pane ch'io dovea mangiare. E ho veduto per
questo venire all'
uficio mio più
mercatanti, i quali fanno
ogn'
anno limosina (veduto loro
conto) di certa parte de' loro
guadagni: e per far la limosina buona, hanno voluto da me di
quello ch'io so; e hollo loro detto, perchè i poveri e le
fanciulle a maritare ci soprabbondono tanto, che farebbono
mutare
le priete. E in questo ragionare (Iddio me sia
testimone) io mi sono ricordato di voi, avendo tema e
sospetto che voi non sappiate rendere a Dio, nell'altra vita
eterna, utile
conto delle cose che v'ha dato a guardia (non
dico vostre, chè non sono di persona), se non ne arete fatto
parte a' poveri suoi, nella cui limosina, secondo la
Scrittura, egli è lieto, e per chi dà e per chi riceve, come
se l'avesse esso propio: chè per altro non gli ha ordinati,
se none per far pruova de' fedeli suoi. Priegovi mi udiate
volentieri, perch'io v'amo in Dio; e che vi leviate un poco
in alti col pensiero, quando siete in solitudine nel vostro
scrittoio; e trovarete carità e amore nel mio scrivere. Ch'io
ho pur letto, ch'e pensieri di chi passa i cinquanta sono più
legati a pensar della morte che gli altri, anzi di non
pensare d'altro. Se 'l fate, che forse il fate, bene sta: se
none, pensateci un poco: e colle vostre
compagnie e traffichi
fate quello ch'io veggio che fanno i buoni, benchè siano in
questo fondo bosco di
Firenze. E nell'uno caso e nell'altro,
abbiate in me pazienza, che tanta fidanza, forse presuntuosa,
ho contr'a voi. Ch'a Dio v'accomando, e lui priego vi dia
grazia non indugiare alle limosine del capezzale, ove si dà
quello che non si può tenere, e le più volte anche non si dà.
LAPUS vester. 6
decembre.