Francesco,
ser
Lapo salute. Io non so donde si venga, nè
per che cagione si sia, che o in faccende ch'io sia, o solo
nel mio
studio, o ancora spesso insino alla messa, i vostri
fatti che importano mi danno più pensieri, che forse non
fanno a voi, ch'avete divisa la mente vostra in tanti luoghi
e in tanti pezzi, ch'ella rimane debole e lenta in ognuna. E
però è forse piaciuto a Dio,
ch'io sia un vostro stimolo: e se si potessono vedere i
cuori, egli è maggiore non vel so dire; di buona voglia e
fermo animo ch'io ho di bene e fedelmente consigliarvi per
l'anima e per lo corpo. E perch'io son certo che la nostra
compagnia e amore, che è fondato in bene, durarà insino a
morte; però il fine del nostro amore vi mosterrà che mi
dovete credere d'ogni cosa come a proprio figliuolo. E Iddio
ne chiamo per testimone, che non è falso. E per la parte
ch'al presente vi toccherò, mi duole più la malinconia e 'l
dolore ch'io vi vedrei, che non sarebbe il danno della borsa.
Tutto questo vi dico per tanto, che fa quaranta dì o più,
ch'io v'ho sollicitato per cento lettere, che voi diate modo
di mandar delle cose a
Firenze, sicchè qua e costà si veggia
l'animo vostro del tornare qua con la
famiglia: e per ancora
niente n'è fatto. Ora veggio che 'l tempo reo e la
vendemmia
vi menerà tanto oltre, che gli
uficiali mandranno costà
cittadini a striboire l'
estimo, con
mandato d'
allibrare
chiunche vi troveranno: e fia anzi mezzo
ottobre: e non dico
sanza cagione. E se metterete il tempo vostro nelle cose che
non importano, come spesso solete (e a perdonar vaglia), io
veggio che fia prima
Ogni Santi. E pure i
vetturali sono qui
ogni dì; e non guardano nel tempo gli altri savi, c'hanno a
fare i lor fatti.
A monna
Margherita ne dissi assai quando volle da me i
ronzini. A Dio piacesse ch'ella fosse o a voi paresse umile,
com'ella è savia. Certo ella mi consente il vero: e a lei
farete bene, quand'ella vel ricorda, a credello. Io ho ben da
dire a lei, che 'l farò quando arò tempo: e penso ch'ella
sarà meco paziente e umile, che vedrà le dirò con buono animo
il vero. E credo ch'a lei avvegna come al
monaco che bevea
tutta la
botte; cioè, che se sapeste quant'ella si ritiene di
non rispondere
alle furie della
casa, ec
., la terreste per
mansuetissima. Or io sono entrato, di fatti, in favoleggiare.
Questo è, che con voi alla penna non incresce; con altrui,
sì. Aggiate perdono, s'io vi mordo troppo: l'amor porti il
peso; che in verità i buoni e santi pensieri del vostro stato
m'hanno molto intorniato il cuore, e stannomi fissi innanzi
agli occhi. Iddio aiuti voi e me a seguitargli.
Tornando al proposito del mordervi, or quante volte abbiamo
detto bene di coloro c'hanno grandi ricchezze in
Sa' Martino,
e in
Porta Santa Maria; e per un grosso che spendano la
notte, vivono e dormono sicuri da' ladroni, per la guardia
cui e'
pagano. E nondimeno nulla se ne fa: e altra volta mi
piacea che co'
Guasconi vi ritenesse, or con uno o due altri;
chè non crediate star sempre in bonaccia: o se sempre vi
stesse, almeno per amor de' vostri
parenti e amici di costà.
Certo s'io fosse l'amico a voi, ch'io stesso predico, io il
farei da me per vostra parte; e poi ve lo scriverei, come
feci delle
starne, ec
.; cognoscendo, com'io cognosco, la
vostra dolce e benigna
condizione, che Dio v'ha data, pur che
voi l'usiate bene. Più non dico. A Dio v'accomando.
Se prenderete fatica di risponder a questa bibbia, promettovi
starò un
mese ch'io non vi iscriverò. -
LAPO vostro, alle 5 ore, 15
settembre.