La
copia andoe a
Guido, la quale assemproe
Niccolò dell'Ammannato
di sua mano; e
manda'la oggi per lo
fante
propio che mandaron gli
ambasciadori. E disse così, cioè:
«Padre carissimo. La vostra amorevole lettera ricevetti in
Prato, la qual mi trovò molto avviluppato per esser una volta
in una vita pacifica sanza viluppi: che Dio me ne dia grazia,
che con voi finisca i dì miei in pace. Essa mi diè tanta
consolazione, ch'io posso dire il verso
Nunc dimittis.
Non vi voglio torre tempo con le mie lettere lunghe; anzi,
s'io dirò brieve non verrà da iscortesia, ma dallo timore ho
di voi; che quante più cose dicesse, più vedreste da potere
riprendere la semplicità mia. La quale insino al cuore e con
quello poco di beni terreni ch'io uso, vi proffero e dono, e
donarò insino alla morte, miscolandole con le cose vostre, sì
che nulla differenza nè discrizione nè salti far se ne
possa mai. El giovane mio non fa a mezzo quel ch'io
vorrei. Ma Iddio faccia per me, chè io far non posso quello
vi si conviene. Accomandovi a Dio: me raccomando io a
messer
Donato,
messer
Giovanni e a voi, reverentemente. - Per lo
vostro
FRANCESCO DI MARCO in
Prato. x di
giugno.»