Poi vi scrissi ieri de' fatti di messer Bonaccorso, ho auta malinconia per voi; cioè, che per me voi non vi graviate la mente più ch'a voi paia. E però vi dico oggi, che carità m'indusse a scrivere; e cosa fo per altrui, che per me mi peritarei. E voi priego nulla facciate contra l'animo vostro. Vero è che a messer Bonaccorso non sono tenuto d'uno danaio nè d'uno servigio, più ch'io mi voglia: per amore sì, il quale m'indusse a scrivere, perchè i fatti suoi sono fedeli e fermi: e crederei che, servendolo per carità e per buona compagnia, a Dio ne piacerete; e con lui non perderete mai; perchè non è uomo di frasche nè di traffichi, anzi ce l'ha condotto il caso da Perugia. Iersera parlai con uno de' miei compagni sopra la compera della terra sua, come a voi scrissi; e pargli troppo a lungi: non so che si faranno gli altri. In somma, arò caro il serviate per una carità e umanità ch'a ciò mi tira, perchè gli è buono e fedele: e se a voi non parrà, nè anche a me punto. Dubito bene che peccato non commettano questi che fanno le scritte, che danno forse favore all'usura, che il mondo pazzo chiama discrezione. Cristo v'aiuti, e mettavi in animo esser co lui in sempiterno. E a me non rispondete, chè non bisogna. - LAPO vostro. VII di marzo.