Non so quando più m'avvenisse, che stasera per ispasso alle XXII ore per mezza festa, mi venni a stare al fondaco vostro, e per sapere di certo tribbiano per voi. Ove intesi del caso di monna Francesca e del danno da Vignone. Stetti sopra me: e di catuna cosa mi dolfe; chè certo monna Francesca è morta in martirio; donna da bene, e già ricca vivuta, vedersi morire in tanto stento di malattia e in tanta povertà, quant'ell'era venuta. Penso ell'era da tanto che, per salvare l'anima, si sarà accordata con la volontà di Dio, che la chiamava in quello stato: che di chi così fa ho sempre speranza: e tuttavia non paiono, e pur sono nostri fatti, quando arde il muro del vicino. E poi ci scusaremo; e donde cominciaremo, dinanzi a Tale a cui non si può dare scuse, se non quelle che e' vede giustizie e veritadi, che stanno nel cuore? Iddio ci dia grazia poterne parlare e operare. Del fatto da Vignone e di monna Francesca e d'ogni cosa, vi ricordo, e con buono affetto vi prego, per amor di Dio e dell'anima vostra, alziate gli occhi al cielo, e dite di cuore: Iddio mio, mille grazie de' beni e delle visitazioni che tu mi dài per salvarmi; e a me dia grazia di far sempre la tua volontà in pace. E voi ancora, Francesco, pregovi per carità confortiate monna Margherita, a cui non è più rimaso nulla. E inducetela ad accordarsi con Dio. Voi siete pur savio e cognoscente molto: or s'io dico il vero e 'l bene, appiccatevi; che sanza mio ricordo, certo tengo fatto l'areste. Cristo v'aiuti sempre e insino al fine. - LAPO MAZZEI vostro. Sabato, XVIII di giugno.