L'amore e la carità ch'io conobbi mi portasti in
Prato e in
Firenze, stando
tu con
Francesco a quelle bade; e la pena potea vedere la tua bontà ch'io
n'avea, aitandoti sopportalle; e la fede hai auta a farmi scrivere le tue
segrete cose; e poi, quello che fa una corona ai nostri amori, le lettere che mi
scrivi; ripetendo per catuna, che non vive uomo che più volentieri veggi sua
lettera, che di colui che fa or questa; mi dànno tutte queste cose una fiducia e
sicurtà, poter parlar teco, sanza niuno timore, di qualunche segreta materia. La
quale ho veduta, benchè non sia gran fatto al mondo, per una lettera di
Piero,
risposta a una mia. Il quale mi pare per quella tanto t'ami e abbi la tua
condizione a reverenza, che 'l male che e' fa, gli par bene, purchè e' facci la
tua volontà. E io gli rispuosi ieri; poi gli misi
una
interchiusa, perchè volli consiglio d'anima anzi gli rispondesse: penso
te le mostrarrà. E stamane alla messa m'occorse, ch'io per carità dovea e potea
scriverne a te, e meglio valeva. E pregoti,
Cristofano, che tu m'abbi pazienza,
e mi sopporti non altrementi ch'io farei te d'una cosa ti gravasse la mente.
Beato chi si sottomette alla ragione! e debbo stimare che 'l fai; e però t'è
agevole a esser contento ch'io dirizzi i miei
figliuoli più a Dio ch'io posso, e
che stiano nella verità; perchè nullo altro bene ci abbiamo, poi che siamo a
cammino e corriamo alla morte, e cerchiamo d'avere il palio di quella miglior
vita per Iddio e pe' Santi predicata. Io so che costà s'usa per tutti vostri
pari, nullo excepto, ingannare le genti delle
gabelle; dicendo bugie alle
Signorie d'esse, e ingannando colui di cui è il fatto, con dir d'aver più
pagato, che non è il vero. Io ti prego e conforto, per amor di Dio, che tu mi
creda; chè in questo ti voglio forse meglio che non vuoi tu stesso; che tu da
quinci innanzi te n'astenga, e vogli esser solo in
Catalogna che così facci: e
se 'l farai, se non ti ricorderai sempre di me in bene, mi venga la morte; tanto
sono certo ch'io ti dico il bene tuo; e viverai e morrai lieto, e attenderai
delle grazie ti farà Iddio; che quelle t'ha fatto ti parranno come ombra, a
rispetto all'altre che da lui intenderai. E guarderatti da danni e fortune; che
forse se' già in corso. E simile dico d'ogn'altro frodo o inganno, di che mi
rendo certo se' netto; altrementi punto non t'amerei: però che s'io t'amo,
perchè sento in te virtù; mancando la virtù, non t'amerei. E vogli che 'l mio
figliuolo non vi s'avvezzi da piccolino. Io l'attendo netto
garzone, e povero e
lieto. Io ho
robba troppa: e se andrà per la via il
padre il mette, in suo poco
meno dispetto, il farà Iddio
ricco, e farallo per mano di tale; che mai no l'arebbe imaginato. Così usa
la segreta bontà di Dio, che vede l'opere dentro innanzi siano pensate, non che
fatte. Dimmi, semprice sopra tutti i semprici, che bisogno hai tu in questo
cammino, che forse se' presso alla morte, di farti più ricco che ti sii ora; e
farlo con accambiare l'anima a gabelluzze frodate? Vorrai lasciare il tuo a chi
poi non ti caverebbe d'inferno per uno grosso fiorentino? E quando arai una
febbre, arai tanto dolore d'avere disubbidito a Dio in queste che paiono piccole
cose, che morrai mezzo disperato. Io li veggio ogni dì al capezzale, a'
testamenti che fo; che muoio di dolore in lor servigio. Richeggioti per l'amor
di Dio, e per la fidata amistà è tra noi,
Piero non scriva mai altro che
dirittura: e
Francesco m'ha detto io gliel comandi. E non dire: Do! questo usano
tutti: la
Gabella il sa, ed è contenta.
Cristofano, io non credo a
Piero che la
Gabella ne sia contenta. Pregoti ancora, facci proposito di tornare alla patria.
E ho voglia
comperarti una
casa, che l'ho a fare io, nella
via de' Servi, per
350
fiorini ch'io ne truovo; che è uno
palagio, da torla per
rivendere e
guadagnarne, per la fede mia,
fiorini c. E darotti una donna, quando mel dirai;
e uno
podere, chè spesso ne
vendiamo: e viverai
cittadino con cristiani, e non
con cotesti infedeli cani, che non credono sia altra vita, e che Iddio ci abbi
fatti indarno. Non ci ha
foglio, però taccio; chè teco non potrei ristare. -
LAPO tuo. xxii
gennaio 1407.