Al nuome di Dio, ame. Fato dì 30 di
setenbre 1392.
Io sempre ò udito dire che l'umilità vince ongni chossa ed è una di quelle
chosse che più piace a Dio ch'a niun'altra chossa. E
comparassi lo lengno del
salice a l'umilittà e dice il savio veda uno chotal proverbio: lo sallice per
sua bontà si piegha e per umilitade ongni altro lengno legha. E rispondete.
Francescho, voy sette richo e posente di
pechunia e de le grazie di Dio avete
più non ànno di mille l'uno quanto a questo mondo di che l'avete a ringraziare e
piaca a Lui di farvene conocente che sanza luxinghe io sempre v'òe portato sì
singhullare amore chome se mio charnalle fratello foste stato e porto anchora e
may no potrete fare chossa che io me ne muovi.
Io ò chonociuto che in voy è istato una grande dureza versso di me e io anche
sono istato sopra di me e uno poco duro perché mi pare avere riceuto grande
torto da voy. E per certo e no fornono may buone le chosse lunghe e bene disse
vero cholui che disse "Indugia tra vizio". Dio faci conocente chatuno di noy e
che chatuno faca quello si dè fare l'uno a l'altro.
Io ò più dì fa veduto una lettera che mandaste più tempo fa a
Genova a
Lodovicho Marini ne la qualle grande iscrivere faceste di quello abiamo a
fare insieme e tanto ne diceste che no mi parve molto di vostro onore.
In verità, e chossì m'aiuti Dio, io non ebi may chativo animo contra di voy che
in due
chapitolli dite di me chome cholui che à chativo animo verso di voy à
fato la talle e tal chossa e Dio sa se questo è vero. E per chossa che di me
abiate iscrito no vi darey uno
frullo che Dio grazia io sono sì conociuto che sparlando di me chi che si
voglia contra ragione poco me ne churo e a Dio lasco ongni chossa.
Il nostro dibato è conociuto subito chi no si vuolle movere da la verità e per
Dio una grande viltà è la vostra e la mia a cometersi di nostri fatti in
persona. No dico che di
Lodovico Marini no mi fidasse di tropo magiore
chossa ch'à di questo ma e mi pare una verghongna per voy e per me. Tutavia,
quando pure vogliate che
Ludovico l'achonci sarò contento ma meglio è che voy
l'aconciate e se vollete io la
rimetarò in voy in su la vostra anima e sanza
dubio io il farò.
Io mi penso che principalmente due differenzia seano tra noy: l'una prima che
quando
contamo insieme a
Vingnione io vi contay per
Giovanni del Richo f
.
500 e chossì facemo d'acordo e penso si troverà chossì in sul
libro vostro di
Vingnone che tenea
Boninsengna. Quando deto
Giovanni fallì passando assay tempo
mi comincaste quistione con dicendo che dove vi misse
f
. 500 dovea dire 750. Di
che io vi rispuossi che più no ve ne metarey chome chossa che del suo no gl'avea
né may ve ne promixi più per lettera né a bocha. E dico e sempre ò deto se voy
trovate che per mia lettera né di manno di miey v'abiamo fato menzione di più
soma ch'a di detti
f
. 500 no dirò may
se no che abiate ragione e che a vostro
conto s'
aconcino. E simille modo se deto
del
Richo à lettera di mia manno né di niuno di
chassa che in simille chaxo sea
no mi penso si truovi may.
E a coniffermazione di cò vi dicho che inanzi che deto fallisse quatro
messi io
per mia lettera v'avixay, chome l'uno fratello dè fare a l'altro, che io sentiva
da un amico secretamente che deto
Giovanni era in brieve per fallire e che se io
avesse nulla a fare con lui che io ne fosse avissato.
E io sentendo che voy avevate a ffare con lui subito ve n'avixay per
fante con
vantagio uno
fiorino di che chome savio provideste e mandaste a
Genova
Matteo di Lorenzo
perché tenesse modo di levarssi che con lui cò dico. Con deto
Giovanni eravate
in più di
f
. 2.000 chome che la chossa s'andasse con onesti modi. Voy per lo mio
avissarvi vi
ritreste dal deto
Giovanni e può essere che questi detti
f
. 250
restaste ad avere da lui e vollette che che
[sic] io gli
paghi a merito del
servigo che sanza dubio no ve ne avendo io avissato di ligero rimanevate grosso
forssi di più di
3.000 fiorini che tuto dì intravate con luy.
E dovete saperre che in questi trapellare di tempo io avea ne le mani di suo di
cera e di
uva passa più di
f
. 300 che se io mi fosse trovato
creditore no
gl'arey promessi a'
Pechori chome io promissi anzi mi sarey
paghato istesso
avendo il
pengno in manno ma, non avissando sì fato acidente che m'achoresse
adosso, volli fare la sua volontà chome era douta chossa che se io avesse anche
sentito che con lui foste inpacato m'arey
ritenuto la
soma ma da
Mateo avea
lettera che avea tenuti modi che no sareste sotto di nulla.
E più fortte a fortiffichare il fatto con pura verità pensate che siando io
avisatto del fallire chovenia fare lo nominato. In questo mezo o per uno modo o
per un altro me ne sarey
ritratto che a
Genova arey fatto
comprare sopra di lui
tanta
mercatantia che me ne sarey levatto: ma non avendo righuardo a quelli
f
.
250 che nullo avisso n'avea operazione ne feci chome inocente del fato.
È da credere che io arey tenutti di modi avendo il tempo che io no vi sarey
statto sotto e sarebe pechato a charicharmi di questo inonesto fatto.
E io che sono sì molle sempre istato may nulla ò deto de lo
conto ò con voy in
Pissa sempre ghuardando che la vostra dura volontà si muovi a piettà di dire una
volta "voglio mandare a chostui avendo del suo", che a Dio e a ragione avete del
mio in quel
chonto più di
f
. 500. No voglio che che
[sic] la giudichi udito le
mie ragioni bene che più lettere in altri tempi assay se n'è scrito: no resta
che anchora choviene dire da chapo.
Eglli è vero che asutigllando lo scrivere a
Pissa mi restava in manno di vostri
alquante
balle di
fustani e tenolli più di 6
messi e Dio sa chome la la
[sic]
chossa andò che più di 40
balle ne
spacòe quello che facea per mio
fratello in
Pissa in meno di tempo.
Ed è vero che i vostri mi scrissono no poteano
spaciare detti
fustani se no
tolleano tante
lane di
San Matio. Di che io li scrissi che le tolessano e
buona
roba o no se ne
inpacassono non
arogendo
danari: chostoro tolssano
lane tute
choscame, e
tal
roba che Dio sa chome istava,
che tuto il fiore n'era trato e aveano mandato lo
chossame in queste
balle ch'è
una grande villania e no fu chossa buona né iusta e Dio ne sea iudice.
E nonistante a cò, i detti di
Pissa mi mandarono a
paghare
f
. 800 a 5 per cento
di
danno dicendo che aveano arotto a'
fustani tanti
danari chome
montavano i
fustani tolendo tante
lane. Di che io subito rispuossi che io non era contento
perché aveano fato contr'a mio mandato e che dette
lane sarebono per loro e no
per me e chi ghuarda la risposta de le mie lettere diranno chome io dico. Pure
chostoro mi mandarono dete
lane e quando io le chi li scrissi che no le
vendarey
may se no per loro di che mi scrissono che io le
vendesse e che no si potea
erare a
vendelle e che egllino ne starebono a quanto dicesse
Franciescho di Marcho
d'ongni
danno. Di che comfidandomi di voy
paghay deti
f
. 800 e mostray le
lane
qui per
vendelle e may no trovay chi se ne vollesse inpacare tanto era chativa
roba che la più parte era
choscame. Di che la manday a
Breca e là fu forssa
dovendolla
spacare di tore tanti
panni brescani aspetando anchora tempo e detti
panni mandamo a' detti vostri di
Pissa che più di
f
. 6 si perdete de la
peza in
Pissa.
Assay ò scrito a' tempi passatti mi dicesono
conto di quello aveano trato di
panni: no fu may modo se none una volta che mi scrissono che gl'aveano mandati a
Napolli che anche non aveano da me di farllo e che
venduti erano e che veniano
venduti
f
. 24 la
peza in
Pissa
ribatuto ongni spessa. Puoy passato buono tempo
che aveano
ritrati i
danari e che ongni mio resto mi
rimetarebono e che ne
forono in grande perichollo e simille di molti
danari che dovevate avere di là:
may poy no mi mandarono a ricevere
danaio né no mi mandarono i
conti che mille
volte si può dire gli ò dimandati.
E restavano a
vendere di mio alquante
peze di
panni fini di
Mellano e di
Chomo
che asay li scrissi li
spacassono per lo
corsso, no mi valsse. Puoy disono a voy
che may nulla l'avea iscrito le spacono che Dio sa la verità pure poy forono
spaciati passando
anni e
anni.
E a ridure ongni chossa a buono fine è di bixogno che voy mi mandiate i
conti di
Pissa chome debono istare a punto.
E poy mandato i
conti qui vederò la
perdita de le
lane a punto e diròvi che
fieno e voy l'aconcate chome si dè, metaròmi in voy chome io fu' sempre
contento.
E piacavi di
rimetermi ongni
danaro che avete di mio o vollete che io li meta a
conto di vostri di
Vingnone e chossì facando mi pare s'acostaremo e faremo fine
a tuto.
E viene chostà
Tieri vostro ed è istato qui alquanti dì e a bocha ò deto a lui
quanto bixogna e assay è informato di mia intenzione e no dubitate che i
conti
di
Vingnone s'
aconcaranno sanza fallo se gà io dovesse andare insino a
Vingnone.
Pensate pure voy di tenire de modi ch'e
chonti di
Pissa s'aconcino e da mia
parte trovete no vi sarà niuno squaro e no pensate che may mi muovi de la
verità.
Perché io vidi in uno
chapitollo che eravate contento di venire a
Genova se io
vi vollesse venire respondo che io sono 'parechiato ongni volta che voglliate e
di grande consolazione. No facando dispiacere a mona
Malgharita è ben buono che
si lasci passare la mortalità che mi pare faci molto danno e qui sono molti
gienovessi che sono fuggiti per la mortalità.
Poy che io no vi vidi, Dio m'à proveduto ed àmi dato de le sue dirate e io tuto
comporto e comportarò in pace che in avere e in persona n'òe autto. A
Barzalona
Michelle de l'Ischia che morì me ne portta più di
f
. 800; e passato due
anni mi forono rubate 8
balle di
fustani mandando da
Vingnone a
Barzalona che
valleano più di
f
. 500; questa
ghuera mi
chosta più di
fiorini mille; di nuovo
mi sono morte tante
bestie che
valleano più di
f
. 300 di mortallità; ebi ughuano
una
malatia che stetti dì 7 non ebi posso, Dio grazia ora mi sto frescho. Del
bene e del malle che Dio mi dà sempre lo ringrazio: Dio m'à tocho, o che no sono
contra di lui conocente overo che chome amico mi rivixitta.
Salutate mona
Margharita per parte di
Bevenuta e da la mia mille volte e anchora
per vechio che mi sea no faco fine che io no vengha a rivedervi a
Pratto o dove
voy sarette:
l'animo è buono più che may. E salutatemi
Nichollò de l'Amanato e la sua
dona. No
sono ardito di dire nulla de la
Grighora perché la saltaste e faceste bene
avendone radice chome io odo, no vorey dispiacesse a mona
Margharita.
Altro non c'à dire, sono vostro voglliate o no. Dio vi conservi.
Bascano da Pescina di
Mellano.
È soprastata insino a questo dì
* d'
otobre. Per no trovare deto
Tieri
chompagnia
parte questo dì, che Dio lo conducha sano e salvo. Anche Dio vi ghuardi.
Domino
Francescho di Marcho da
Pratto, in
Firenze.