Padre carissimo. Io ho auto così disiderio d'
abboccarmi con
voi, come d'avere ragione nella quistione mia; sapiendo da'
vostri amici, e anche per fama, l'ottima vostra
condizione: e
che in me, pe' miei peccati, voi abbiate mutata natura,
troppo mi duole: chè veramente troppo avete seguita la
volontà della multitudine del vostro
Gonfalone; che voi
meglio di me il sapete. Ma pur i' ho letto, che radi volte vi
si vede il vero dove multitudine s'accozzi. E certo,
Francesco, io non ve l'one meritato: ma ben penso che lo
molte e molte rie informazioni ch'avete pur dall'una delle
parti, e i furori della detta multitudine che vi sollicitano,
vi fanno così credere e così fare. E non ci è modo ch'io mi
possa disporre a mal volervi, perchè siete di quegli uomini
ch'io avea pensato che fosse amatori della pace e della
giustizia: e forse altra volta, ch'io sarò vostro più stretto
servidore, v'increscerà di me e della noia ch'io ricevo: che,
bench'io sia disutile, pur per grazia Dio, che m'ha pieno il
cuore d'amore verso i buoni, io vi potrei ancor fare qualche
appiacere.
Conchiudo, che vi piaccia udire una volta alcuno
che sappi bene la mia ragione: chè penso i
Regolatori la
sappiano tutta: e uditala, recarvi il tutto dentro al vostro
savio petto. E se vedrete la vostra coscienza vi rimorda, vi
piaccia raffrenare con la ragione il vostro
Gonfalone. E dite
loro la cagione perch'io ebbi v
lire; chè so che la sapete: e
che se da poi in qua io fosse impoverito, com'io sono un poco
arricchito, ch'elle non mi sarebbeno però iscemate. E ora
penso esser qua ben ritocco e aggravato all'
estimo nuovo.
Iddio vi dia grazia eleggere il vero; e a me dia forza, s'io
ho ragione: che credo voi il credete.