Al nome di Dio, amen. A dì 12 di
febbraio 1408.
Reverendissimo come padre, salute, con volontà di vedervi sano e di buona
voglia. Perchè
Jacopo mi disse di volervi mandare costà il suo
famiglio, però vi
scrivo: perché
quando cotesto
famiglio tornerà qua, che voi mi mandiate raccomandando a
loro per vostra parte. Bene veggo però, che voi lo fate sanza mandarvelo a dire.
Iddio ve lo meriti per me: che se io venterò da niente, come io credo, io potrò
dire ched e' sia per vostro capo, e che bene mi pare avere auto in questo
Studio
grandissimo aiutorio da voi. Priegovi che voi facciate sì, ched io il finisca,
sì che io possa dire che per vostro capo io sia uomo. E se Domenedio mi presta
vita, potrete dire avere acquistato uno fedele servidore. Priegovi che 'l
padre
mio vi sia raccomandato: penso che non bisogna mandarvelo a dire; l'amore pure
mi costrigne: chè altri pensieri non ho, se none del
padre e della
madre, come
credere dovete. Io vi priego che quando voi scrivete a
Auigi, che voi me gli
mandiate raccomandando. Altro per questo non vi scrivo, se none che Cristo sia
sempre vostra guardia e compagnia. Per lo vostro minimo servidore, a' vostri
piaceri aparecchiato sempre d'ubidire,
BONIFAZIO di Bartolommeo da
Prato, allo
Studio in
Bologna.
Poi che io ebbi scritto questa lettera, e
Jacopo mandò per me, e dissemi che
aveva ricevuto vostra lettera, nella quale si conteneva sed io voleva il resto
de'
danari, o come io voleva fare, chò voi non volete stare impacciato. Io non
ho bisogno testeso di più
danari: quegli cinque
ducati che io one auti,
fatevegli
rimettere a
Urbano d'Jacopo di Nore.
Virtuoso viro
Francisco Marci de
Prato, tamquam patri carissimo.