Al nome di Dio. A dì 15 d'
aprile 1394.
Ricievetti tua lettera per
Chastagnino: quanto dîne òne i
nteso;
rispondo a' bisogni.
Nanni di Ghiduccio ci ène ogi, e
Nannino, per
loghorare la
chalcina in
chasa il
fornaio; la
fogia voglio per mene.
Le lettere da
Pistoia no' m'ài chiarita se sono di grande bisogno
o no; diliberàmi di mandarvi uno subitamente che cci sarà
istasera; un'altra volta avisami s'ène di bisogno o no. Le lettere
òne bene fatto dare, perché
ser
Chimenti dise no' si troverebe chi
v'andasi per lo
merchato.
A
Cristofano di ser Francia òne mandato due volte, al tutto
dice no' puote fare nulla altrove inazi le
feste. Dell'
uova avea diliberato
di mandarne chostà
venardì chol
chacia,
venardì ve le manderò,
se
Nanni vi verà.
Del
grano no' ce ne puote servire
meser
Piero, perché non
à; prochacerò domattina i' su lo
merchato di
chonperanne di quello
e de l'atre chose che m'ài avisato. Faròne mio potere d'avere, per
le chagone tu dîne, e no' lascieròne per
danari, chome
polastri e
chaponi, pure ch'io ne truovi.
Del
grano òne fatto domandare
Checho Bondi se sane in niuno
lato che noi ne potesomo avere; noi n'abiamo anchora 28
istaia
che non è manomeso, ch'ène tutto
cima; no' macherà ch'almeno
ch'io none
chonperi uno
mogio. Per questa faccienda d'opera di
grano e di
pol
li no' ti bisogna esere domattina qua, perché
farò bene
chonperare tutto ciò ch'è di bisogno, pure che si truovi.
Sarà il meglio andare a
Fiesole a preghare Idio per te e per me e
poscia venirtene doman da sera. Del fatto del
grano òne chonpreso,
bene che ttu no' dicha il perché; di pocho più d'uno
mogio n'aremo
asai: faròne
chonperare.
Del
ronzino morello mi preghò
meser
Piero ch'io glie prestasi
istamani per la facienda ti sai; per avisarne chotestoro di costà
manderoti la
mula.
Tregea no' bisogna arechare che cien'à: bisognerebeci
dello
ispese dolce.
Chandele no' ci à, se no' poche di
ciera.
Di poi ebi tua lettera e chon esa una a
Niccholò di Piero, la
quale òne fatto dare, e quanto dine òne inteso: apreso rispondo.
La lettera andava a
Nanni di meser Ghuelfo portòne il
Fattorino
a
meser
Ghuelfo e dieglele i' sua mano; dicie che gli manderà
i'
ronzino domattina.
Abiamo XII
torchietti di
ciera, sì che, per ora, no' bisognia
chonperarne. Mandaci delle
melarancie per la
Pasqua. Viene tosto,
ché lla
Tina dicie che vuole
marito; dice no' vuole istare più, e
questo dice fane per no' tornare chostà; dice tôrrane una
chasa
e strarasi qua.
Del
chanceliere mio iscrivo pegio l'un dì che l'atro: me ne
grava, ma no' si disdicie, perché stane a ghovernamento di femina;
ma tu m'ài bene lasciata a fare più faciende, che s'io fosi
uno huomo basterebe, ché non ebe mai sì fatta faccienda, il
chancielere
de'
Signori, chom'àne il mio; e rispondiamo a tutti i bisogni,
aremolo a fare pocho tenpo, ch'a mene e al
chanceliere mio s'ivoglerebe
il ciervello.
Mandami una
oncia di
seme da bachi, ché quando ti veghono
di quegli sì fatti giovanni mi mandasti
domenicha, ne posi loro
dare.
Mandami due
bracia di
nastri e mandamegli domani, e qui
dentro ène la largheza.
Della femina troverò modo d'avere la
Piera o la
madre, ché
saremo bene serviti. Rachomandami a chi tti pare. Quando tornerai
qua, ti mostrerò la lettera mi mandò
ser
Lapo.
Chon questa fia una lettera vi manda
Perizi che vi sia dato
f
. X
s
. -, per tutto dì domani. Idio ti ghuardi.
per la
Margherita, in
Prato.
Franciescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1394 Da
Prato, dì 15 d'
aprile.