Uomo onorevole et amico carissimo, come padre. Io ho veduto senza alcuno
mio merito quanto la vostra carità volentieri si stende in ne' miei benifici: e
questo è solo per grazia di Dio, e non per alcuno merito, ma per vostra buona
natura caritativa e piena d'amore beneficiente. Naturale cosa è, che le cose che
in questa vita sono create, truovino le cose che ella natura ha congiunte.
Sempre ho inteso dagli antichi uomini della misera terra ond'io nacqui, che
infra quelli della vostra onorevole terra di
Prato e i nostri fu uno 'stinto
d'uno naturale e singularissimo amore; intanto che lungo tempo la nostra terra
si governò con
Cancellieri pratesi, e
Uficiali di guardia; e tutti
offici in cui
era molta fede e molta fidanza riposta in essere bene governati. E quelli della
casa ond'io nacqui ebbono grande familiarità a' vostri gentili di
Prato, ad i
quali, con torre i nomi loro e per loro reverenza, lungamente si seguitarono.
Le cose del mondo, alzate, tutto rovinano e vengono
meno. Ora vedete che, senz'alcuna colpa, innocente (Dio è testimonio), solo
sospetto m'ha tenuto già xv
anni in prigione; incerto, se questo lungo tormento
arà fine. Sono in questa miseria constituto, forse purgando il peccato di molti
ond'io l'origine trassi; e me medesimo dispongo al cielo. Disposto sono d'avere
pazienzia, ma grave m'è ormai, perchè m'avvicino all'età canuta; e quello che la
gioventudine leggiermente ha portato, la vecchiezza un poco se ne conturba. Pure
Dio è con la sua grazia mediatore; e non ha rispetto, se no ch'io sono sua
creatura. Io vivo, e non so come; egli solo il sa. Niuna rendita è appo me, se
non come a colui che in solitudine è nato: solo la penna con che io scrivo è il
podere mio e la mia ricolta; e con ansietà fatichevole vivo. Limosine da più
cittadini ricevo: et ècci di quelli che, oltra alle limosine, mi sovvengono
spesso nelli stretti bisogni; ai quali, come i tempi sono da me promessi,
satisfo di quello che mi soccorrono. E in questo modo vivo passando questo
maroso, con faticarmi sempre, e dilettandomi di fatica onesta e onorevole.
Ora io ho inteso vostra graziosa proferta, ieri, per uno vostro
mandato.
Francesco, io v'ho messo ad entrata ne' miei estremi bisogni. E notate: quand'io
da voi vorrò limosina, io ve lo scriverò chiaro; però che di niuna cosa mi
vergogno meno, che d'essere povero: quand'io vorrò alcuna cosa da voi in
prestanza, voglio che voi distinguiate l'una chiesta
dall'altra. La limosina conviene che sia vostra e stia in voi; e così
ogn'altro benificio ch'io vi domandasse: ma domandovi di grazia, che quando io
vi chieggo niente in
prestanza, che voi facciate la
partita in sul vostro
libro,
e diciate:
Iacopo da Montepulciano de' dare. E questo dico, perchè quello ch'io
voglio rendere, voglio che mi vogliate avere prestato; e per
debitore, e non
dato: però che 'l dare io vi riserbo alla estremità grande. E posto ch'io non
sia
mercatante, ma de'
mercatanti amico; pure di fede sapete, che nullo
gentiluomo, chi vuole onore, debba esser avanzato da niuno
mercatante. E però la
promessa mia voglio nelle cose picciole reputiate avere ad avere, come propio
uno fidatissimo
banco ve lo promettesse. E questo per tutte le volte sia detto.
La passata
guerra mi turò tutte le vie, onde alcune coselline da
Siena e da
Perugia aver poteva. Ora la grazia di Dio ha aperta questa via: pure, quand'io
fosse aiutato, potrò rispondere; e però non mi sono allargato. E per concludere:
Francesco, io ho certi miei
pannicelli e
libri
pegno all'
usura; e sono per non
troppa quantità; penso che XIIII
lire me gli ricoglie, e perdegli. E per Dio,
come. di sopra è detto, della povertà non mi vergogno. Io v'ho, infra l'altre
cose, uno
paio di
lenzuola, che non n'ho più; e senza esse sono dormito in su
uno povero letto, già è due
mesi: perdomele. Se mi poteste le dette coselline
fare ricogliere, mi serebbe caro molto: e io a poco a poco
cancellerò con voi la
ragione.
Francesco, io so le fortune e le
perdite che avete fatte nell'
anno
passato; e so come il
Comune v'ha trattato; e come sta chi non ci ha stato, e
sia riputato ricco, Io sono di tutto informato, e però non mi stendo a maggiori
cose: e quest'è di quelle ch'io non voglio che sia limosina, anzi
credito. Sì
che, vedete, IIII
fiorini mi scampano parecchi mie coselline: e come io verrò
pigliando
denari, ve gli rimanderò; e
cancellerò la
ragione, per conservarmivi
in ne' miei bisogni. Io sono stato più dì sospeso; e pure mi sono assicurato, e
ho posto dall'uno lato la vergogna. Caro mi serà, e a grazia singularissima
reputerò questo. Oggi mi corre il termine; e io pensai rimediare con colui a cui
scrivo. Et egli è ito a
Piombino, per cagione di sue
mercatanzie, e non è in
Firenze Io so bene che nè per mio merito nè per
parentado nè per amicizia
intrinsica questa gravezza io vi debbo dare: ma l'animo mio puro e sincero,
disposto a fare mio dovere, m'assicura. Oltra ciò mi farete grazia, ch'io vi
possa uno dì vedere o parlare con voi. Cristo sia vostra guardia.
Per lo vostro amico
Iacopo DA MONTEPULCIANO, in prigione.
Onorevole uomo
Francesco di Marco, suo caro e come padre.