<TEI xmlns="http://www.tei-c.org/ns/1.0"> <teiHeader> <fileDesc> <titleStmt> <title /> </titleStmt> <editionStmt> <edition /> </editionStmt> <sourceDesc> <msDesc> <msIdentifier> <country>Italy</country> <settlement>Prato</settlement> <repository>Archivio di Stato di Prato</repository> <idno /> </msIdentifier> </msDesc> </sourceDesc> </fileDesc> </teiHeader> <text xml:id="text" n="Datini"> <front xml:id="front" /> <body> <div xml:id="div" n="DATINI"> <p><div type="ref"><milestone type="book" id="2" /><pb n="154" />Padre. <lem type="0" ref="#6610"><lem ref="#sm">Ser</lem></lem> <lem type="0" ref="#757"><lem ref="persName">Baldo</lem></lem> venne qua; e più m'allegrai del modo, e della<lb /> 'mbasciata che gli imponeste ragionevole, che del parerci che la ragione,<lb /> prima faccia, sia per voi. E che più bella o che più ricca cosa può<lb /> possedere l'anima, che non avere l'amore a cosa che non sia<lb /> ragionevole? Coloro che sono certamente disordinati, e ignoranti qual sia<lb /> la ricchezza dell'uomo, come ciechi credono che ricchezza sia possedere<lb /> assai beni, acquistati in qualunche modo; che sapete in uno momento ci<lb /> sono tolti, e non possono durare. Costoro, come falsi istimatori,<lb /> chiamano il bene male, e 'l male bene. Ma quegli c'hanno desto il<lb /> sentimento, cognoscono la vera ricchezza, e che dura in eterno, e vanne<lb /> dopo la morte con l'anima: ciò sono quegli c'hanno lo 'ntelletto puro, e<lb /> amano la ragione, e fannole onore, e servolla; e non che le faccino<lb /> contro, ma e' l'ubbidiscono; e per questo il bene tengono per quello<lb /> ch'egli è, e così il male; e avveggonsi che l'esser ricco non è peccato:<lb /> ma amare e disiderare ricchezza, che va via, e lasciasi; questo è il male.<lb /> Questo cognosceste all'assalto di <lem type="0" ref="#1020"><lem ref="persName">Benozzo</lem></lem>; al quale e' dice che<lb /> dolcemente, e come buono servente della ragione, diceste: Mandiamo<lb /> alla ragione, e ciò ch'ella ci risponde facciamo. Questa santa risposta,<lb /> <milestone type="book" id="2" /><pb n="155" />e 'l <lem type="5" ref="#5156"><lem ref="#verbo">pagar</lem></lem> che fate delle <lem type="5" ref="#5829"><lem ref="#sf">prestanze</lem></lem> in pace da un pezzo in qua, mi dicono<lb /> e mostrano che uscite di febbre e povertà, in che forse eravate, e<lb /> ventate ricco della grazia di Dio, e di conoscimento e di beni che non<lb /> verranno meno: e passarete per questo bosco del mondo, pieno di lacci,<lb /> in pace. Se le <lem type="2" ref="#4824"><lem ref="#sf">navi</lem></lem> di Tarso, o quelle che accozzò già Cesare insieme,<lb /> con quelle vele che ha messe ora in mare quel di <lem type="0" ref="#550"><lem ref="placeName">Raona</lem></lem>, vi venissono in<lb /> <lem type="0" ref="#1614"><lem ref="#sf">casa</lem></lem> piene d'<lem type="4" ref="#5095"><lem ref="#sm">oro</lem></lem>, non ne sarei più contento, che vedervi ricco di verità e<lb /> di beni che v'accompagnino in eterno. Già v'ho udito dire che areste<lb /> caro, chi vuole esser ricco, ve ne domandasse consiglio, per poterlo<lb /> avvisare degli affanni e de' pericoli che e' portarà; e poi, come niente<lb /> arà fatto, tenendole con tribolazione, e lasciandole con guai in mano di<lb /> non so cui.<lb /> Hovvi scritto, che fa buon pezzo no l'ho fatto: che sono stornane dove vi<lb /> pensate; chè mai non posso molte cose pensare, che voi non mi vegnate<lb /> innanzi; non so onde s'è. Per lo primo vi rimanderò i <lem type="0" ref="#2301"><lem ref="#sm">danari</lem></lem> a questi dì<lb /> mi <lem type="5" ref="#5834"><lem ref="#verbo">prestaste</lem></lem>; e bench'io ve gli renda, non v'arò <lem type="5" ref="#5156"><lem ref="#verbo">pagato</lem></lem>, come molti<lb /> istimarebbono: arovvi bene renduto il <lem type="0" ref="#2301"><lem ref="#sm">danaio</lem></lem>. E perch'io vi ringrazi della<lb /> cortesia, ancor non arò sodisfatto; però che la grazia che prima in ciò mi<lb /> faceste, istà pur ferma nella bellezza sua. E perchè a voi ne prestassi<lb /> altrettanti, non cancello però la carità che, sanza mio merito, vi mosse,<lb /> di far de' fatti mie' come de' vostri. Adunque, mancandomi il potere, mi<lb /> vi scusa la 'mpotenzia: e io prego Iddio, che tutto può, per me ve lo<lb /> renda; e a sè, di lume in lume di conoscimento, vi tiri ad amare colui<lb /> che è capo e principio della ragione, e d'ogni cosa bene ordinata. L'altre,<lb /> <milestone type="book" id="2" /><pb n="156" />che sono fuor dell'ordine, ordina il Maladetto; da cui ci guardi esso Dio,<lb /> che per certo mi pare ne' nostri dì sia da noi mal conosciuto. A lui<lb /> v'accomando. E a me perdonate. -<lb /> <lem type="0" ref="#3913"><lem ref="persName">LAPUS MAZZEI</lem></lem> vester. XVI <lem type="1" ref="#3397"><lem ref="#sm">iunii</lem></lem>.<lb /> Una volta non muriate, vi prego facciate a <lem type="0" ref="#5601"><lem ref="persName">Piero</lem></lem> due versi; conforto di<lb /> lui, se sarà buono. Vedete, non ha là nè <lem type="7" ref="#5145"><lem ref="#sm">padre</lem></lem> nè <lem type="7" ref="#7577"><lem ref="#sm">zio</lem></lem> nè <lem type="7" ref="#4229"><lem ref="#sf">madre</lem></lem>, con cui<lb /> si conforti. De! pur da 'ncrescerne, ove abbia buono animo. E pur lo<lb /> disidero e' vaglia qualche cosa.<lb /> </div></p> </div> </body> </text> </TEI>