Al nome di Dio, a dì x di
marzo 1393.
Per
Chastangnino ò auto, questa sera, tua lettera e 'nteso quanto
di'; apresso rispondo.
Al
Podestà mandasti a dire quanto ti dissi: sta bene, altro nonn è a
dire.
Sarà di poi tornato di
villa il
pillicaio e auto da llui risposta e
mandatemela, che non vo' più stare a sue parole: rispondete.
Veggho
Nanino è presto a stare al
forno. E non diceva io che 'l
fornaio avesse a eserre cho llui, se non in questo modo: che mandato
n'avesse tutta la sua
familglia e llì stesse a
salaro cho
Nanino uno o 2
mesi, perché
Nanino inparasse da llui. Chosì mi parve scrivere e chosì
è stato l'animo mio. Ora tu di' che qua si cierchi d'uno
gharzone che
sia praticho al
forno, e chosì farò; e trovandone uno mi piacia, lo
torrò per quel tenpo mi parrà, e in questi 2 dì ti dirò sopra ciò, e tosto
ne pilglieremo partito.
Lo
spedale cioè chi 'l ghoverna, nonn à voluto dare nè
grano nè
danari: sia chon Dio. Sarò chostà io e farò d'averli, sì che lascia stare
per ora.
Lodovicho di ser Iachopo è qua, e questo dì gli ò parlato e aveami
detto di quello che chostà à fatto, e chome stette in pregione. De'
danari mi dè dare, nulla ne fa e dà sue schuse, ma sanza altro dire
sopra ciò. Io arò domane una lettera da'
Singnori di qua e farò stringnere
lui e ongni altro che m'à a dare, e non farò più parole.
Le
vingne si chomincano a llavorare, mi piacie; e altro non ne chal
dire.
La
chalcina vi resta, mi pare il melglio tu faci fare que'
muricuoli
della
loggia; tutta volta la fa
loghorare dove il me' ti pare.
La
botte del
vino ài fatta
choncare a
Bernabò, ài fatto bene, e sì
che nne mandi al
Palcho. Parmi, se truovi da
venderne, lo faci per lo
me' puoi.
Gli altri
vini arai di poi tutti fatti asagare, e se ve ne fia niuno che
abi bisongno di
tramuto o d'altro, l'arai fatto fare; se non, fallo chome
prima puoi, sì che per non provederli non si guastino.
Quel medesimo che tu mi di' del fare venire qua uno
chongno di
vino, avea inn animo di fare io; e perrò fa che tu faci cierchare d'una
botte d'un
chongno, che temi meno il
tramuto; e che sia buon
vino,
ché sai
Nicholò à senpre ben che bere; e trovata l'arai, me lo dirai, ed
io farò mettere la
botte in punto, e dirotti quando l'arai a mandare.
A
meser
P
. desti
½ lo
storione: sta bene. Il
panno del
Fattorino
nonn è anchora venuto al
fondacho; se llo potrò avere domattina
di buon'ora, te lo manderò per
Chastangnino.
A monna
Francescha ò detto de la
fante: nonn à ora niuna per le
mani. Se ne troverà niuna la torà; faròne anch'io cierchare.
I
ceci ebi e sono belli. S'e
ronzinello non si può ora
vendere, si
rimangha:
vendasi quando si può.
Le lettere che furono cholla mia, se n'è fatto il dovere.
Io mi credea che chostà venisse del
pescie frescho, e perrò non te
n'ò mandato; e
Chastangnino mi dicie che non ve n'è anchóra venuto:
faronne
chonperare domatina, 6 in 8
tinche belle:
dara'ne a
meser
Piero e a
ser
Ischiatta e a
Nicholaio Martini, e ll'avanzo per te, e
manderòtele per
Chastangnino. Mandami per lui la
mula, e falla porre
mente ch'ella sia ben
ferata e che ci sia stasera.
In chaso ch'io ti mandi per
Chastangnino 10
tinche, ne dà 2 a
meser
Piero, 2 a
ser
Schiatta, 2 a
ser
Baldo, 2 a
Nicholaio Martini e 2
ne serba per te.
Altro non t'ò a dire. Dio ti guardi.
Manderotti ogi 25
melarancie e 'l
panno di
Nanino; e se mmi
richorderò d'altro, lo ti manderò. Avisami tu se ài bisongno di nulla, e
ara'lo.
Franciescho di Marcho, in
Firenze.
Monna
Margherita, donna di
Franciescho di Marcho, in
Prato.
1393 Da
Firenze, a dì xi di
marzo.