Al nome di Dio. A dì 18 di
marzo 1396.
Ogi, per lo
figliuolo di
ser
Baldo, risposi a una pichola avemo
da te.
La chagione di questa si è perché noi ti mandiamo, per
Arghomento,
due
orcia d'
olio e uno
paneruzolo d'ove fresche, ed àvi entro
tre
fize di
ranochi e una
tovagliolina di sopra: rimandaci questi
panieri e anche gl'altri ti mandamo
sabato e le
tovaglioline mandamo
chon esi.
La
mula, quando venne di qua, si doleva uno pocho del difetto
suo vecchio;
Filipo ce le fece fare lo
'npiatro de
lino seme, chome
fece l'atre volte, e sta ogimai per modo che ongni volta la volese,
penso non ne arebe danno di
chavalchala. No' te l'ò voluto iscrivere,
perché non n'è stato di bisongnio, e per no' dartene manichonia
e, se tue fosse stato qui, no' te ne aresti fatto più ce ne abiano
fatto noi: e tue sai che gl'è suo male vechio e non n'è nostra cholpa,
ché di chostà venne chon eso.
Io fòe fare domane del
pane, se tti diliberai di rimanere chostà
dì niuno, sì te ne manderò
martedì qualche uno, quanto che no',
sì lo serberò qua; fae che no' manchi, ci mandi qualche
paniere di
quegli t'òe mandati chostà.
Altro per ora no' c'à altro a dire. Idio ti ghuardi senpre.
per la tua
Margherita, in
Prato, salute.
Franciescho di Marcho da
Prato, in
Firenze.
1396 Da
Prato, a dì 19 di
marzo.