Al nome di Dio. A dì V d'
aprile 1397.
Istasera ne ricevemo una tua, nella quale n'era una lettera
ch'andava a
ser
iSchiatta e una a
Barzalona: lesela
Barzalona quella
di
ser
iSchiatta, e abiamo inteso ongni chosa, fecila
sugelare a
Ghuido
e mandamoglele per
Angniolo, ch'era qui ritta. Se parà a
Barzalona
e a me ch'io gli abia a dire nulla, farello. A
meser
Piero, se vedrò
il tenpo, gli dirò quello mi parà e
Bernabò soleciterò. Di no' tti
avere iscritto questi due dì, non ti maravigliare, perché io òne auto
febre magiore ch'io mi richordi ch'io avesi mai chon fredo e, quando
Ghuido me ne lese una ch'io ebi da te, mi pigliava la
febre chon
uno tremito che no' potetti intendere chosa che dicesi, e a lui
chomisi che tti rispondesse, ma no' ti dicesi ch'io avesi male; ma
poscia che
Nicholò te l'à detto sono chontenta. Parmi che tue abia
delle manichonie asai sanza ch'io te lo scrivesi io, no' pesa averla,
perché io sia ripiena, perché mi sono morta di fame in questa
quaresima e il
medicho dice che io òne più male di deboleze che
d'altro, e dicemi ch'io magi de'
pollo pesto e chosì ò fatto e farò,
tanto ch'io mi sentirò risucitata; sì che pertanto no' te ne dare
manichonia ch'io spero ch'io non arò male chome che le manichonie
me ne siano grandisima cholpa e istasera, per una tua lettera, no'
sono tropa richonfortata, sì per amore di te, che dubito che,
quando tu arai asai fatto, no' le potrai sostenere.
Al
fornaio mandai per lui, chomuche io ebi la lettera ed egli era
ne' letto, fecilo domandare a
Ghuido chome questo fatto stava, dice
che gl'è vero che debe dare a cholui alchuno danaiuolo e ch'egli lo
strinse di due
fiorini e che dise che, se tue ci fose, che te ne richiederebe,
e l'amicho gli dise che avea a venire chostà e che te ne
parlerebe domane; di dimanderò per lui e saprò chome questa chosa
stae: à' manichonie asai, no' te vo' dire più nulla.
Nanni à chonpiuto stasera di
sarchiare il
grano; l'
orzo è anchora
sì picholo che si può istare IIII o V dì, vo' che torni domane uno
pocho al
Palcho, perché dia ordine a
Montepulcano e a
Martino
quelo che facino e perché
barelino molte
priete che vi sono, ché
Martino no' può
barelare egli:
barelaranole eglino,
Nanni e quegli
altri che vi sono, e farà
Nanni domane alcuna chosa, che no' sanno
fare degl'altri.
Tu mi mandi ch'io ti mandi uno
mogio di
grano di quello del
fornaio: darò modo,
venerdì, di vedere s'io poso avere le
bestie;
s'io le potrò avere, le farò metere in pu
nto e
sabato mantina te
lo manderò per
Nanni.
Del
pane no' ce n'ò del fatto de' biancho, perché tue mi mandasti
a dire ch'io no' te ne mandasi più; ma io te ne mando di quello
che noi manichiano per la
famiglia, perché è buono per lo
Fatorino
e per gli altri che sono chostì, che sono ventitre
panni: tra que'
XXIII ve n'è tre di quello ti mandai l'altra volta; per te io ne farò
fare domane di quello biancho, ma io no' te lo manderò se tue no'
mi rispondi domane da sera se tue dèi tornare o no, ché, se tue dèi
tornare, voglio che sia qui.
Lo
Schiavo m'à risposto ch'egli non à potuto ritrovare il
padre
de la fanculla che tiene; ànne già perduto una giornata, e domane forse
ne perderà una altra, io no' l'ò voluto in tutto gravallo che lasci questa
fanculla, perché e' l'è d'uno richo
lavoratore e d'una persona molto
da bene e nonne sarà pegio
paghato che sarà di chostà da chotestui.
La
balia no' potrebe esere migliore che l'è, chon tutte le
chondizione
buone che si apartiene a niuna buona
balia, e sì è la
chondizione
sua che nonne ingrosa mai insino che l'à ventotto
mesi o più e i'
latte suo àne due
mesi: potrebe alevare di largho ongni fancullo.
I' ò ogi fatto cerchare anche tutto
Prato; niuna chosa m' è
venuta a le mani buona quanto questa, nè questa né niuna fermerò
isino ch'io no' saprò da loro se d'e' sono forniti o no, perché no' vo'
che m'itervengha chome m'itervene de'
gienero di
Domenicho di Chanbio,
che volea mandare qua, e teneci inpacato bene otto dì, e
al buono homo no' dise mai di sì a niuno e perdé tre fanculli de'
migliori di questa terra. Per amore di te, tu no' chonosci bene chi e'
sono questi fiorentini; gurai alotta che mai no' me ne inpacerei più
di niuno, ma di questo m'ipaccio, sì per amore di te e si per amore
di
Manno; e chosì ò promeso a lo
Schiavo che, se togle questo fancullo,
che per ongni romeruzo i' voglio che lo meni qui ritta, e stiaci
egli e la
balia tanto che le chose siano rachetate e che facca ragione
che l'abiano dano; ora avisami tue se sono forniti o no:
sabato ti
risponderò. Lo
Schiavo arà favelato al
padre di questa fanculla.
Di questi inpacci pigl
iane pochi perché n'abiano tanti da noi quanto
noi ne vogliamo portare. Perché gl'è sera ed io no' mi sento tropo
be', no' dicho altro. Idio ti ghuardi senpre.
per la tua
Margherita, i'
Prato.
Franciescho di Marcho, in
Firenze.
1397 Da
Prato, a dì 7 d'
aprile.