Al nome di Dio, amen. A dì V d'
aprile 1399.
Ricevetti tua lettera, la quale avea piccola risposta. Di farm'io
buono tenpo e di fare onore a queste donne, farò per modo che tu
sarai contento. Alla parte che ttu di' del vivere malcontento, di questo
sono più che certo, perch'è troppo grande faticha a volere atendere
a le cose degn'uomeni e di queste di
chasa, perché no' 'l sa, se non
c
hi llo pruova, quel ch'è a ghovernare una
cha
sa. Io vego che
tu vivi con gran dispiacie
re, e io non vivo troppo chontento: io
vorre' potere venire techo con qualcuna di queste femine quande tu
vieni chostà, perché penso che tu viveresti con più pacie e potresti
atendere a quello che tu avessi a fare e s'i' non n'avessi così male
lasciare, non so quello c
h'io mi fare: ispacciati il più tosto che tu
puoi, e farabevene sì per te e per fare piaciere a c
hi bene ti vuole.
Perché
Argomento si vuole partire farò sanza più dire. Idio ti guardi.
I' ò dato mangiare a' poveri.
per la tua
Margerita, in
Firenze.
Francesco di Marcho, in
Prato, propio.
1399 Da
Firenze, a dì VI
aprile.