Maraviglomi come non ài auto ancora niuna mia lectera, salvo la prima, la
quale scripxi in fretta il secondo dì che giunsi qua, secondo iscrivi in una tua
lectera pichola, la quale oggi rice
vvi, fatta costà a dì 16 di
dice
nbre,
i
nperò ch'io vi scripxi distesamente ad te
e a
Francescho di mia
diliberatione
e di mio bisongna, e così scripxi a l'
Antonia e a
ser
Bartolomeo
e altri. Forse l'arete aute hora perché le lectere molte volte
soprastanno in camino,
e tucte erano legate con quelle di
Francescho.
Apresso ti scripxi per
Guido di Ridolfo quanto bisongniò
e rispuositi
de' fatti del
vicaro.
Guido di Ridolfo son certo è giunto costà
e a llui, il qual ebbe il
mio
ronçino morello, i
npuosi,
e così mi promisse, darti
fior
. sedici, e
di quelli contenta
Marco di Tano, o di tucti o di parte. Il
ronçino che fu
di
Marco avea prestato a
messer
Filippo, quando andò al
Pertuso, non aveva
quando
Guido ne venne. Ora l'ò in
casa ed è più bello
e miglore che mai ed è
ripieno molto, e qua di niuno
ronçino si truova
denari. Fa' conto io non ne
truovo più di XII
fiorini
correnti i
nperò questa gente che tornono da
Francia n'ànno menati assai. Et se questi
ambasciadori da
Firençe tornono ora
costà come si crede sança andare in
Francia, s'io vedrò buon modo
e sicuro,
io tel rimanderò che ttu il
venda costà.
Io ti scripxi per quella fu fatta a dì 21 di
novembre come
e perché io
non era ito a
Santo Antonio hora. Apresso ti scripxi tu mi
co
mperassi
duo
forçieri meçani
e come nell'uno di quelli metessi tucti i miei
libri e
nell'altro metessi certi
pannilini e
lani, cioè la mia
cioppa
scarlatta e 'l mio
mantello mescolato, cioè
tabarro,
e quelli
pannilini l'
Antonia vuole
mandare,
e tovaglie e
lençuola pichole come ad voi pare; e de'
libri, quelli
non potete mettere con
assi, levate l'
assi.
E apresso vi metti ongni scripta
la quale sia per lectera in mia scientia, et fatti dare al
maestro
Giovanni di Banduccio uno
libro che ssi chiama il Viatico
e le chiose di
Gherardo Cremonese
sopr'esso
e certi
quaderni di
libri picholi di Galieno
ch'egli à di mia mano. Apresso dilli che faccia rendere quelli
libri ch'io
prestai a
maestro
Matteo,
e tucti me li manda in questo
forçieri.
A
Franciescho scrivo sì che non bisongna altri gli dichi se non che ttu mel
saluti,
e anchora monna
Margherita,
e pregalo che si guardi da' contrari
e che si brighi di star sano.
A
Baldello ancora scripxi,
e a
ser
Bartolomeo che gliel dicesse, che
faccia il fatto di quella fanciulla,
e io farò infra uno
mese egli arà
quelli
denari sì veramente ch'io voglio ch'egli aconci il fatto delle
case come
ragionamo
e che '
pigionali rispondano tucti a l'
Antonia
e a mo
nna
Nicholosa insino a tanto che mmi renderà quelli mi dee dare,
e questo si
faccia per modo sia bastevole, e questo è convenevole.
Del fatto del
vicaro, alla prima parte si vu
ole trovare modo di
paghare
quelli delle lecta per la mia parte, cioè la metà, e l'altra dee
Baldello, sì
veramente che che ssi detragha della quantità quello ch'esso
ser
Franciescho
dice in sul
testamento per sua faticha avere dagli spidali da certe
carte, non
mi ricordo della quantità. Leggi in sul
testamento di
ser
Francescho, quando fa
questo lascio alli spidali per l'anima del
padre, ché vi dice: «detracta certa
quantità»;
e che
paghando questo, noi siamo finiti generalmente di tucti
lasci del
testamento di
Naddino e di
ser
Francesco i
nperò che di tucto
l'
avanço fumo finiti per lo
vescovo
Giovanni
e funne
rogato
ser
Schiatta.
De l'autro fatto di
Bonsingnore n'ò auta assai malinconia i
nperò che
quelle cose tucte debbono essere finite
e chite che furono insin ançi io
nascesse
e non so dove si truovino. Son ben certo noi n'avemo
danno.
Scripxiti come i' ò in
casa i
libri furono della
compagnia
e sopra quelli
âne a
riscuotere
denari assai.
E paghi di quelli i legati di
Bonsignore.
I
nformati di questi fatti con quelche persona anticha, o chol
Cena o chon
ser
Iacopo di messer Leo, se ne sapesse nulla, o con
Neri di Nicholoçço.
Io penso questo mi sia fatto per noiarmi
e per rubarmi.
Io mandai a l'
Antonia per
Guido i
bottoni de' miei
panni
e così uno
sca
mpoletto di
panno per uno
capuccio. Credo gli abbia auti. Saluta
Guido
per mia parte e dilli che yeri feci assagiare i
vini suoi
e sonvi II
botti
di
cercone.
Io sono disposto stare di qua questo
anno
e provare questa
state come le
cose andranno
e poi diliberò quello fie da ffare de' fatti dell'
Antonia e
degli altri.
So ch'io ti do troppo i
npaccio, ma se non fosse la sperança òne in te,
non sarei passato di qua. Apresso ti scripsi come la donna di
Puccino
calçaiuolo
fu
figliuola di quello
Bonsignore; ancho ti ricordo te ne '
nformi con
Filippo di Giunta o con
Francescho di Bonsignore fabro o chon quel
Puccio che sta alle porti, tuo vicino, che furono
parenti di questo
Bonsignore,
e sappi quel ne puoi sapere.
Dirai a
Arigo di Donato ch'i' ò trovato qua del
reubarbero finissimo
e òllo provato in altri, sì che non ne potremo essere inghannati. Et quando
Nicholao di Bonacorso verrà costà, che credo sarà tosto, ne li manderò
e
allora gli scriverò come àne a fare. Tu sai che non verebbe mai sicuro con
questi
corrieri. Et lui mi saluta
e la sua donna, e saluta
Domenicho
e
Tendi. A
ser
Bartolomeo mi scusa. Non lli scrivo ora per fretta.
E abracialo
per mia parte. Le cose coll'aiuto di Dio prosperono.
Giovedì mangiai co
n 'l
cardinale d'Amiense con certi altri
medici
e fumo in certa
collatione
dov'ebbi honore,
e àmmi detto e pregato mi vuole
volgi
[sul verso:]
per suo
medico,
e son
medico di
messer di Cusença. Io sono sempre in su'
libri
e mai non escho di
casa se non per bisongnio
e stocci ben sano
- lodato ne sia Idio sempre! Racomandami a
suor
Lena
e la
Dada; saluta la
Lorita e di' loro che stia sempre a mente fane ongni dì quelche oratione per me.
Io scripsi loro per
Guido,
e così all'
Antonia.
E saluta tucta la
brigata
come suoli.
Pregoti che mmi scrivi la verità sempre del mio fanciullo. Dubito per non
darmi mali
nconia tu non mi scri
vi come 'l fatto sta. Questo dico perché
alcun'ora m'ài scripto ch'elli è miglorato, quando
maestro
Giovani e
Baldello
ànno scripto il contrario
e che niuno rimedio vi vale. Per mio amore, non
far così. Io ebbi quel fanciullo come morto quando il male gli cominciò, per
quello aveva provato ne l'altro. Sì che, cosa c'avegna, non me ne turbo; ma
scampasse, lo riconoscierei in tucto da Dio, come di nuovo il creasse e
donassemolo.
Tu mi preghi pur ch'io scriva spesso. Io sono stato assai occupato in questi
principii
e però non t'ò scripto più spesso. Poi ch'io fui in
Vignone, io
t'ò scripto quatro lectere con questa, ma almeno vi scriverò d'ongni XV dì,
e questo non fallerà. Non mi gravare di più perch'io non mi so pore a
scrivere costà ch'io non empia il
foglio.
Questo
Bonsingnore non m'escie del capo. Io credo che
ser
Franciescho
i
nmaritasse due sue
figliuole perché non capitassono male. L'una fu la donna
che fu di
Puccino, il quale morio bestialmente come visse; l'altra credo non
fosse legiptima
e fu donna di
Franciescho di Bonsignore fabro, della
quale credo sia nata la sua
famiglia. Forse questa terra si
vendé per maritare
costoro. Io non era nato a quel tempo e parlo per congetture.
E per certo
quella terra che
vendé o fu
malevadore
ser
Franciescho si
vendé o per
pagare
debiti, ché ve n'era assai, o per
maritare le
figliuole. Abine consiglio con
Franciescho
e pregha il
vicaro
che di questo di che io no
n 'l posso i
nformare, perché no era nato, non
pecchi in termine.
Antonio mio
famiglio fa bene insino a qui. È vero si guarda male del
superchio mangiare
e dubito non si guasti. Questo dì gli
ò fatto sciamare
sangue. Egli à sempre innançi due
vivande almeno e no è savio in te
nperassi,
e tucto dì l'amaestro
e anchora non vale. Credo che varrà. Io il farò tosto,
se farà bene, di
valetro
scudieri.
E sìete racomandata la
madre,
e non le mancare in cosa le sia di necessità. Io non posso più scrivere ora
e non bisongn'altro. Se v'è
messer
Iacopo, digli ch'io sono molto conoscente
del
maestro di Rodi e vicitalo spesso perch'è molto di
monsingnore,
e questo
basti
e egli t'in
tenderà. È molto vechio et àne bisongno del
medico.
Idio ti guardi sempre!
Per lo tuo
Naddino
medico menimo, a dì VII di
gennaio.
Monte d'Andrea delli Angiolini in
Prato prop
io
[mano: Monte] '386, a dì 30 di
genaio, da
Vignone,
dal maestro
Nadino.
| Risposto.