Vidi una vostra lettera, che faceste essendo meco e a
cavallo e al
Palco; e contentomi di ciò che in quella
diceste: e massime in quella parte, ove vivendo stando e
operando, sempre pensate al nostro fine, cioè di giugnere a
quello con modo piacente a Dio, e con ridurvi a una buona e
lodevole vita. E ben so che fia più malagevole a fare che a
dire, e massime a voi invecchiato e intorniato negli affanni
e ne' viluppi delle mercanzie del mondo. E penso sia d'un
nostro pari come d'una trave vecchia piegata per gravi pondi,
che dee esser molto ingegno di bisogno a rinnovalla e
dirizzalla. Ma Iddio aiuta i buoni pensieri; e fa l'amore i
gravi pesi, leggierissimi. Del tempo non vi curate, cioè del
non potere far sì tosto. Stia pur l'animo e la cura
fermissima di mai non restare che vegnate a quella pace e a
quel tempo e vita buona isviluppata, nella quale trovarete
Iddio e ogni bene, e vedrete il vostro periglio: come quegli
c'ha passato periglioso passo o fiume, poi a riva cognosce
più la fortuna sua che pria. Di monna
Margherita mi pesa, per
lei e per voi: altro non posso. Iddio la conforti, e voi e
lei aiuti.
Se Dio mi guardi, tolsi la penna solo per questo verso
fare, e non per altro; cioè, io non ho modo d'esser a
Palco o
a
Prato o a
Grignano, a questi tempi, se bisogno non fosse:
sì che non mi attendete. E vedete c'ho fatta una dicerìa; e
non me ne so tenere con voi: la cagione vi dee esser
manifesta. E credo che a Dio sia piaciuto, che per tanto
buono animo ch'avete sempre verso altrui, che alcuna volta
troviate un picciol vostro servidore e amico ripieno d'ogni
buono spirito verso voi, oltr'a' grandi uomini che già avete
auti. Iddio vi guardi. E
ser
Cristofano vi saluta mille
volte.
LAPUS vester. xviii
iulii.