Le molte noie e il mio poco cognoscimento che vorrei servire
ognuno che mi richiede, pur che non mi richeggia per
danari, mi fanno sì
occupare, ch'io non ho tempo di scrivervi com'io solea: e pure oggi Dio
sa con quanto dispiacere mi venne stare a mazzascudo al
Vescovado
pe' fatti di
Bartolommeo Cambioni, per trarlo da quelle
cagne affamate della
Corte; che v'ha di quelle attendono a divorallo,
purchè il
Vescovo il patisse; che non credo voglia, nè sembianti ne fa.
Da voi non ho auta già fa, credo, quindici dì; che m'è consolazione, poi
vi si leva quella fatica: basta io so da
Stoldo state bene, e ispesso. Da lui
saprete che in questi dì, avendo noi ripreso il
piato perchè le cose si
squadernavano, e avendo fatto comandare a tutti che isgombrassono,
eziamdio a
Tommaso e agli altri, per la
dota; perchè dubitavamo che
Tommaso con alcuno modo non ci guastasse il giuoco; e avamo
diliberato, per rompergli le vie, di
pagallo, ed e' ci desse l'
azione della
dota per soprastare a chi non ci lasciava, ec
.; addivenne che, sanza
nostra saputa, n'erano venuti de'
creditori quattro, a'
Signori. Il perchè
n'avvisai alcuno per mia
cedola. E di presente i
Signori mandarono per
Istoldo.
Stoldo avvisai di ciò che avesse a dire e fare; con dire, che non
m'era onore andare a contendere di
piati innanzi a'
Signori, stando co'
poveri.
Stoldo venne per sì fatto modo meno, che pensai la faccia gli
cadesse in terra: e vedendolo mosso, me ne 'ncrebbe; perch'egli
stimava esser messo in bocca alla
Signoria: e con buono spirito corrogli
drieto, e giunsilo a mezze le
scale; e dico, Non temere. A costui torna
cuore, e tornagli la favella; e dice: Per certo, costoro non ci debbono
fare torto. E giugnemo in
sala; e chiamai questi
creditori, che i
Signori
faceano attendere perchè
Stoldo venisse. E vedendo con che
maniera per voi si parlava, e che d'avventura egli arebbono perduto;
infine, sanza ritornare a'
Signori, se ne vennoro con noi, e feciono ciò
che volemmo; e fummo d'accordo. Penso
Stoldo ve lo scrive. In somma,
che ogni cosa si
venda; e ogni
prezzo vegna in mano di
Barzalone. La
dota sia la prima: voi il secondo intero pagato; e i
libri vostri si
vegghino, anzi pigliate il
danaio: e simile riabbiate ogni
danaio bene
ispeso insino allora. E nondimeno rimagnate in sulla
tenuta, e i frutti
vengano a
Barzalone per voi e pegli altri. Arei richiesto que' del Migliore
e
Francesco Federighi e
Nofri, s'io avesse dubitato che non ci fosse
fatta ragione: ma e
Signori non eran gente da farci torto. Priegovi non
mi rispondiate: basta rispondiate quando vi richiederò che sia bisogno di
rispondere. Vogliate una volta lasciarci fare, sanza darvene pensieri.
Fate a
Francesco Federighi uno verso: Ch'egli è quello uomo sotto
cui fidanza voi vi state a
Bologna; che s'egli non fosse, tornareste, o
bene o male che vi mettesse, per non esser disfatto nè disonorato dalle
gravezze delle
prestanze. Questo vi dico, perchè in
Comune si ragionava
di
rifarle, e quelle e l'
estimo.
L'
uficio ov'io v'avea detto ch'i' era tratto, ebbi
licenza da'
Signori e
Collegi poter mettere uno che guadagnasse per lui e per me licitamente;
e son fuora di quello viluppo: innanzi non voglio
utile, che guadagno con
tanta ricadìa di mente. E pur n'arò buona parte, se vi si farà bene, come
suole.
Ho
comperate due
cogna del
vino della
Torre, che già n'aveste, e arò
dell'ottimo per una amistà nuova v'ho presa: vonne poter dare a'
Signori
e a voi, se ci
tornarete alla
state, e a tutti vicini: e se vorrete, voi e io il
berremo tutto, se saremo in vita. Altro non v'ho a dire.
Se costà aveste per amico niuno spirituale, pregovi, se m'amate,
facciate fare orazioni o messe per l'anima di monna
Bartola, che tanto
amorevolmente vi sguardava: e nullo maggiore guidardone aver potrei
da voi, nè da persona del mondo, che per lei si pregasse: e io ne fo ciò
ch'io posso, e fo fare. Simile dite a monna
Margherita. -
LAPO vostro. VIII
dicembre.
Innanzi al chiudere la lettera è seguìto che fummo a'
Signori stasera;
che questi vogliosi
creditori sono tornati; e come mi viddono in
sala,
andarono per
Francesco Ardinghelli, e menàrollo su: e insieme
dicemmo assai, e stemmo per esser innanzi a'
Signori; e mai non ebbe
luogo l'altra parte d'esser chiamata. Abbattevisi
Francesco Federighi;
e segretamente il mandai dentro, e per vostro amore ne informò due,
che amenduni disse rispuosono ch'avavate ragione. Partimmoci, e
domattina dobbiamo esser alle poste. Iddio ce ne cavi con bene
dell'anima: ma così parlerò, o meglio, presente
Francesco, come se non
fosse venuto.
Io dicea a
Stoldo, che andasse sanza me, perchè non paresse che e'
menasse
procuratore; e avvisavalo di certo modo: e' si fe di sei colori, e
in niuno modo mel volle mai assentire. Dicovi bene, che s'io cercasse la
gloria degli uomini da
Prato, io non farei per uno contra XLVI: ma la loro
fama in me, e degli altri, l'accomando al socodagno dell'
asino, pur ch'io
piaccia a Dio:
dicea Frate
Iacopo da Todi, che mai non m'avete voluto
prestare, nè le Leggende; ch'almeno una ne leggeste voi l'
anno! Ora poi,
poi m'è morto il mio maggiore, che n'avea voglia, non le curo: che ho
preso a leggere altro
libro, e hollo in
casa. Miei detti vi prego non
curiate, che e' sono sanza ira, lodato Dio!