Io ricognosco dalla mia fidata compagna, Negligenzia, molta
fede; perchè mai non è ch'ella non mi sia intorno, che che in contradio
me n'abbiate già detto: e io cognosco il vero. Sola ella m'ha fallito nello
scrivervi spesso, perchè la sollicitudine e la carità l'ha iscacciata da me
in ogni opera che per voi mi sono messo. Chiamo solo opera lo mandarvi
mie lettere, chè ne soglio far poche. Altra opera non ci è stato.
Tutto dico pertanto, che s'io avesse fallato in troppo spesso
noiarvi di miei detti, o da me, o risposte a voi; vi priego, aggiate
perdono, come dicono i Genovesi. Credo non bisogni dirvene, chè la
dilezione cancella tutto. Questa sola mi fa scrivere un pensiero m'è
venuto, e stammi fermo nell'animo, intorno alla vostra tornata: e
ogn'altra cosa mi pare uno andarsi avvolgendo, e faccendo dir di sè.
Questo è, che quando sarete per tornare (che non credo sia prima che la
fiera), me n'avvisiate del dì vi moverete costinci. E non direte il partire
di voi, ma direte d'
Antonio da Camerino, o di
Barzalone, o d'altre,
come vi parrà; e io arò auto una lettera da'
Signori, o da'
Dieci della balìa, che il
Vicario di
Firenzuola dia otto o dieci buoni e
fidati nostri
fanti, che accompagnino colui che porterà detta lettera, e
menino salvo qualunche e' levarà o da
Pianoro, o donde sarete trovato
con vostra compagnia. Questo vi varrebbe per quelle vie come se aveste
XXV lance, e meglio. Io ne fui ieri in
Palagio de' Signori,
e
parla'ne in segreto con amico; e commenda il modo, con dire: Io
ho da
Nanni Aldobrandini, che a
Bologna ha alcuno nostro
isbandito, di che giustamente egli ha alcuno sospetto. E questo non v' è altro che
onore; e 'n modo che niuno, che
concedesse la lettera, non ha da
maravigliarsi, anzi v'ha da tenere più savio. Or voi cognoscete tanto, che
poco vale mio dire; che istimo ne trarrete il meglio: ma amore è quello
che mi fa parlare. Tornate almeno a otta che noi logoriamo que' buon
vini io vi tolsi a buon
pregio: e scrivete ch'e
garzoni non gli
abburattino.
Cristo vi guardi. Salutate monna
Margherita mille volte. -
LAPO MAZZEI vostro. XXVIIII di
luglio.
Dapoi ho auta da
ser
G. Barnetti, che torna da
Prato,
questa lettera: vedetela, e credetela, se mai credeste vero. Io gli
mandai a questi dì lettere, e profersigli di mia povertà sei
fiorini a non
rendere, per aitarlo vivere; tant'ho saputo di suo segreto male stato: e
dico di cuore. Se nol credeste, la verità non si muta. Sta a voi il
diliberare.