Francesco. Io mi sto tutto questo giorno solo in
casa, tanto
contento quanto colui che della fortuna lunga si riposa in porto
sicuro. Non ci è chi mi contradica i desideri miei; nè chi mi cacci;
nè chi mi tenga. Quello prendo per
cibo, ch'io penso mi sia buono;
e non che ci sia chi dica, Questo non piace a me! ma e' ci sono
due: l'uno loda ciò ch'io voglio, l'altro il cuoce e apparecchia più
volentieri. E'
danari m'abbondano, grazia di chi me gli fa avere.
Volentieri mi starei con voi, se non fosse il timore del farvi noia;
perchè con voi non so star cheto, e turbo la debole vostra mente.
Pregovi non vi rompiate nel male avete, però che ne' mali che dà il
mondo, niuno è maggiore che lo sdegno che n'ha chi non è savio.
Sapete bene che la natura ci produsse atti nati ad avere danni,
avversità, infermità, pianti e amaritudini. Adunque, se questa è
nostra natura, niuno si dee turbare; ma Iddio ringraziare:
e in questo acquistiamo l'amistà di Dio, come i figliuoli che battuti
dal padre non fuggono. La vita nostra è uno lungo cammino; e chi
molto cammina, sapete che truova piani monti fanghi piove: onde
delle infermità non ci dobbiamo turbare. Dicono i Santi, che la
febbre è a' buoni una fornace che arde i peccati: e Seneca dice,
che l'animo nostro è più forte che ogni fortuna; ed è il signore
sopra le fortune, pur che noi nol facciamo il
fante. E grande
consolazione dovete avere, a non aver mai fatte altrui le iniquitadi
sono state fatte a voi.
Ingegnatevi
guarire, e andate in pazienzia, avendo spesso l'occhio
alla viltà nostra, e alla grandezza di Dio che ci ha fatti; ed e' vi farà
grazia. Fate pregare Iddio per voi a qualche buona anima. -
LAPO MAZZEI vostro.
Il vostro
albarello; siate certo come della morte, ch'io vel serbo;
però ch'io non usai mai, nè vo' cominciare:
allogarello a uno amico
vostro da vostra parte.