Al nome di Dio, amen. Fata dì 29 di settenbre 1387.
Venerdì a dì XX di questo giungniemo quie salvi, grazia a Dio,
Giovani Formagiere (?) co· ronzino vostro, e a chamino
cominciai in punto i· ragionamento vostro, cioè di sotrallo di tornare, tanto
ch'elgli è seguito come vi diroe.
A Bisose fumo a' II Leoni e da quivi avemo la sella e llo fornimento dorato de·
ronzino. Vero è che Piero de l'Archa l'avea vista ma non presa. Lasciamo la
letera vostra ché mi parve il melglio però che a llui alsì buona sarà l'altra, e
questa si porta melglio su ronzino; la brilglia non chanbiai.
Qui sono istato con Cristofano. Per lo melgliore ò dato i· ronzino ad Ataviano
e detoli c'avea da voi che fidato vi sette di llui al conperàllo e simille fate al
vendere e detoli per partte di voi ne facia chome suo fose; e cosie m'à promeso
di farre però che dicie che di llui vi fidaste e che, se voi ne sette inghanato, e sì fue
elgli. Ed àllo fatto inmelare ma per anchora no· mette pello su' ginochi né alla
testa. Abiàllo fatto radere e penso tosto sarà a punto per véndello. Farasene al me'
si potrà. È rozza. Che i· malle ano metta Idio che llo vendé! Che seguirà saprette.
Con Giusto sono istato e datoli la vostra letera e detolli quanto è suto bisongnio, e
simille a Gianetto; e dopo molte parolle, per non avere a riprichare ongni cosa,
per lo milgliore à diliberato Giusto che giusta alla promesa fatoli e al suo dano
ched io gli dia fio. XV d'oro corenti, e cosie ò fato che con voi resta amicho, bene
che malle gliene paia istare però eso non à nulla se none f. XV d'oro che ora gli ò
dati. El forno era già aloghato, sì che eso istae a guardare le panche. Bene ò charo
che inanzi siate gravato voi ch'eso s'avese a dolere di voi per nesuno modo; e
d'altra partte ancho vi potrà eserre buono amicho, usando al paese di quie. Sì che
lasciate andare. E simille ne pare a Giusto che il mantello gli si domandi. Chiudette
gli ochi e lasciate andare, ché chosa donata non si volle domandare, e basti!
Le XVIIII.o peze d'orro (?) ò vendute fio. XXIII d'oro grosi II che neti n'ò trati e
posti a vostro conto a piè de' f. XV d'oro dati a Gianino sì che istà benne.
E danari vostri mi sono istati promesi farò d'avèlgli al tenpo e penso
mandàlgli a Gienova perché di quie chostie non s'avanza guari. Vero è che a
Vinegia gli avre' fati andare da Gienova, s'io fusi sichuro che voi costì non avesi a
fare; e pertanto da Gienova non partirano fino abia da voi risposta di sie o di
noe; e auto risposta, prenderoe partito. Sì che rispondette tosto e datte la letera a
Iachopo Pipinelli che quie la mandi.
Ed è vero ch'a me per alchuno istretto bisongnio nostro mi chonviene andare
sino a Melano e di quindi forse sino a Vinegia. Fate conto sarò quie a Natalle o
prima c'alora sanza fallo. E pertanto, se voi fuste bene ciertto non averne
bisongnio, de' vostri e d'alchuno mio farei di conperare e farei qualche bene. Or
come vi dicho, per piue sallute di voi gli mando a Gienova e di lae non
partirano fino che quie sia vostra risposta. E se caso fia n'abiate bisongnio, vi
sarano rimesi indietro. E cosie ò quie ordinato, e sino da Melano iscriveroe ch'a
Vinegia sieno rimesi. Sì che a l'auta di questa fate di fare risposta, e quie la mandate
a Nicholaio Chiova. Datela a Iachopo Pipinelli che a lloro la mandino, e alsì a me
la mandino, e fate non falli!
Vero è che, se altri danari mandaste quie, mandate pure quie a nostri compagni,
che dicie "Franciescho da Prato e Basciano da Pescina" la scrita di quie, e scrivette
ch'a vostro conto gli ponghano, come a loro òe ordinatto. Ora voi sapette ch'avette a
fare. Datte chostie i danari a Giovani Iacopi, ed eso gli rimetterà a noi. Or fate
quanto vi disi e saravi pro. Avisatemi quanto seguite e date risposta a chui vi
dicho.
Simille m'avisate come vano faciende e chome avette fatto e come riescie
l'amicho a panno. De! non vi sia grave! Io ve ne priegho. La leterra mandate
per lo modo dettovi.
Io lascio quie a questi miei compangni che solecitino Ataviano di vendere i
ronzino e che facino d'avere i danari e ponghàlgli a vostro conto, e cosie faranno.
Alle donne di Baldo ò datti fio. III d'oro per conperare vino. Sono poverisime
e verghongniose. Farò non avrano neciestà giusto mio podere. Che Dio l'aiuti!
A l'amicho mio ò scrito a Marsilia intorno alla bisongnia, ma secondo sentto, eso
non è a Marsillia; anzi vae sopra una ghaleotta in corso. Non soe s'avrò risposta
anzi ch'io partta. Sed io l'òe, ve n'aviseroe, bene che credo di noe perché, se eso
non ci è, no· ne potrò avere risposta; e quanto a me, non è da farne conto fino a
mia tornata; e in questo mezo e' fia venuto e voi sarette tornatto in sanità. Che Dio il
volglia! I' dicho della borsa.
Sed io voe a Vinegia, vedrò Nichollò vostro, e se di niente avrà bisongnio, farò
l'avrà e voi n'aviserò. Avisatemi s'altro òe a fare e farollo.
Altro non v'òe a dire. Da Siena niente ci è di nuovo. Che Dio vi guardi!
Gianino vi priegha che voi gli mandiate i suoi panni il piue tosto potette. Fatene
uno fardello e datello chostie a Giovanni Iachopi che quie a noi il mandi, e noi il daremo
a Gianino. Con questa sarà una iscrita delle sue cose, cioe che sono.
Mandateli presti perché non à bene delgli altri.
El vostro Andrea sallute di Vingnione.
Come vi dicho, ongni risposta mi fate date a Iacopo Pipinelli, e dove detto
v'avea che eso la mandase a Nichollaio Chiova chome detto, la mandi a
Bartolomeo di Franciescho da Siena. Co· llui òe ordinato quanto n'àe a fare. Non falli!
Copia della letera mandò Andrea di Bartolomeo da Siena a Barzalona a
Giovani di Giovani da Siena, e delle informazioni dicie dateci niente ci dise mai.
[indirizzo:] Franciescho di Marcho in Prato propio. B.
[mano di Francesco; data di ricevimento:] 1387, da Vingnone, a dì V di dicenbre.
[mano di Francesco; annotazione ulteriore:] Chopia della lettera che
Andrea da Siena mandò a Giovanni di Giovanni da Siena merchatante di giuocho. Il detto
Giovanni la lasciò per dimentichanza in sue il nostro bancho in Vingnone e
Boninsengna la fe' chopiare e mandòmela. Non parlla nulla di quello vo cerchando.
Puosi porre cho· l'altre che noe s'ànno a legiere.